Tiziano, Martirio di San Lorenzo. |
Lorenzo
era originario della Spagna e, completati i suoi studi teologici a
Saragozza, si trasferì a Roma. Quando fu eletto papa Sisto II, suo
maestro e amico fin dai tempi a Saragozza, venne nominato
arcidiacono, cioè responsabile delle offerte fatte alla Chiesa. Nell'agosto del 258 l'imperatore Valeriano emise un
editto secondo il quale tutti i vescovi, i presbiteri e i diaconi
dovevano essere messi a morte. L'editto fu prontamente eseguito:
papa Sisto fu ucciso il 6 agosto, Lorenzo il 10. Secondo quanto
descritto da Sant'Ambrogio nel De Officis Ministrorum,
fu bruciato con graticola messa sul fuoco ardente.
Il martirio di San Lorenzo è un tema pittorico con il quale si sono confrontati numerosi artisti, tra i quali Tiziano, Tintoretto e Pietro da Cortona. In questo articolo vorrei parlarvi proprio di come Tiziano ha affrontato questo episodio della storia della cristianità, realizzando un capolavoro dagli struggenti toni drammatico-teatrali.
Il martirio di San Lorenzo è un tema pittorico con il quale si sono confrontati numerosi artisti, tra i quali Tiziano, Tintoretto e Pietro da Cortona. In questo articolo vorrei parlarvi proprio di come Tiziano ha affrontato questo episodio della storia della cristianità, realizzando un capolavoro dagli struggenti toni drammatico-teatrali.
Tiziano
inizia a dipingere la tela intorno al 1547, ma la porta a compimento
solo nel 1559. L'opera fu quasi con certezza commissionata da Lorenzo
Massolo, ma fu la moglie, Elisabetta Querini, donna bellissima e
raffinata, ad avere un ruolo chiave nella genesi del dipinto. Infatti
Elisabetta diventa l'oggetto di un amore platonico da parte del
letterato Pietro Bembo, amico del pittore e probabile tramite tra
questi e la committenza. I due coniugi hanno un figlio, Pietro Paolo,
che si sposa giovanissimo con una patrizia veneziana, Chiara Tiepolo.
Dopo pochi mesi di matrimonio, tuttavia, il ragazzo uccide
brutalmente la consorte. Condannato a una morte atroce (sarebbe
dovuto essere scorticato vivo secondo le leggi dell'epoca), il
giovane rampollo scappa, nascondendosi in un monastero. Qui si fa
frate, prendendo il nome di Lorenzo. E il soggetto del quadro
potrebbe essere ispirato proprio a questa storia. La pala d'altare fu
collocata nella Chiesa di Santa Maria Assunta a Venezia (detta I
Gesuiti), dove è conservata tuttora, nonostante la chiesa, nel
passaggio dai Crociferi ai Gesuiti, venga completamente ricostruita,
tra il 1715 e il 1735, in esuberanti e festose forme barocche, che
mal s'intonano con la materia carbonizzata della tela.
Con
un ardito esperimento luministico-teatrale, Tiziano fa calare le
tenebre della notte sul luogo del martirio, intorno al quale emergono
fioche ma torreggianti architetture. Il tempio corinzio sulla destra,
reminiscenza del viaggio a Roma del 1545-1546, evoca il prospetto del
tempio di Adriano in Piazza Pietra o quello del tempio di Antonino e
Faustina nel Foro, due reperti studiati spesso anche dagli architetti
del Rinascimento. Sulla sinistra notiamo invece la presenza di una
statua, raffigurante una divinità pagana velata, forse la dea Vesta,
collocata su un alto piedistallo rigonfio, qualificato da rilievi che
raffigurano mascheroni infernali. Al centro della composizione il
pittore veneziano colloca il possente corpo del santo adagiato sulla
graticola in attesa del martirio. La posa di Lorenzo è una citazione
di una statua ellenistica rappresentante un Galata morente,
che l'artista aveva ammirato nelle collezioni veneziane del cardinale
Domenico Grimani. Attorno al martire troviamo la folta schiera degli
aguzzini - chi porta la legna, chi accende la fiamma, chi regge una
torcia – che genera un vorticoso movimento, accentuato dal
riverbero dell'acciaio delle corazze e dallo presenza dello
stendardo. Ma il vero protagonista della scena è il fuoco, terreno e
divino, che arde, divampa e genera un vortice di luce e ombra,
presagio del cromatismo materico che caratterizzerà l'opera di
Tiziano nell'ultimo periodo della sua vita.
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